Le triangolazioni IVA Comunitarie: un’analisi normativa e giurisprudenziale della Direttiva 2006/112/CE

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Da “Il Commercialista Veneto” n. 238 (click to download)

Alcuni concetti preliminari

I principi di destinazione e di origine

Come sappiamo, l’IVA è un’imposta generale sui consumi gravante sulle cessioni di beni, sulle prestazioni di servizi e sulle importazioni di beni in proporzione al loro prezzo, indipendentemente dal numero dei passaggi fino al consumatore finale, giacche l’imposta colpisce ogni volta solo il valore aggiunto e va, in definitiva, a carico del consumatore finale.[1] Il fatto che la riscossione del valore aggiunto sia “frazionata” pone un problema in merito al trattamento da porre in essere quando uno dei “passaggi” avviene tra più stati: l’imposta va attribuita al paese del venditore (principio di origine), o al paese dell’acquirente (principio di destinazione)? La scelta non è di poco conto, soprattutto per quanto riguarda il B2B. Secondo il principio d’origine, l’imposta è riscossa con le modalità del paese in cui si è effettivamente “creato” il valore aggiunto, a prescindere dal soggetto cui si effettua la prestazione. La conseguenza è però la necessità, per i soggetti passivi che acquistano da altri Stati Membri, di richiedere il rimborso dell’IVA pagata al fornitore. D’altra parte, nel principio di destinazione le esportazioni[2] sono non imponibili, ossia tassate “ad aliquota zero”,[3] mentre le importazioni sono tassate all’aliquota locale, garantendo quindi la neutralità per i soggetti passivi dei differenti paesi, e con la conseguente tassazione nel luogo in cui avviene il consumo finale del bene.[4] Dati questi presupposti, non sorprende che lo standard accettato nel commercio internazionale sia proprio il principio di destinazione,[5] anche se con esso si interrompe il sistema di imposizione frazionato, rendendo di fatto il sistema più vulnerabile[6] ad eventuali abusi.[7] La tassazione “a destinazione pura” ha inoltre insite problematiche amministrative, dato che il prestatore dovrebbe riscuotere (e versare) l’imposta nel paese di destinazione. È per ovviare a questa difficoltà che, nel Sistema Comune dell’Imposta sul Valore Aggiunto applicato nell’Unione Europea, “temporaneamente”[8] basato sul principio di destinazione, il “pagamento” dell’imposta nelle cessioni B2B è stato spostato dal fornitore al destinatario, mediante il meccanismo del reverse charge.

Le cessioni e gli acquisti intracomunitari di beni nel B2B

Quando viene acquisito (a titolo oneroso) il potere di disporre come proprietario di beni spediti/trasportati a destinazione dell’acquirente in uno stato diverso da quello di partenza, e tali beni hanno fisicamente lasciato lo Stato Membro di partenza, si concretizza un acquisto intracomunitario di beni.[9] Questo è un fatto generatore dell’imposta, appositamente introdotto per garantire la tassazione nello Stato in cui ha luogo il consumo finale: l’IVA è infatti dovuta dalla persona che effettua un acquisto intracomunitario di beni imponibile.[10]

I luoghi rilevanti nella compravendita diretta di beni intracomunitaria

Poiché la cessione intracomunitaria di beni tocca due stati, due saranno di conseguenza anche i luoghi da identificare. In linea generale, in ambito B2B, il primo è il luogo della cessione relativa allo Stato cedente, cui si applicherà la non imponibilità;[11] Il secondo è invece e il luogo dell’acquisto intracomunitario, ossia lo stato dove nasce l’obbligazione IVA.[12]

Per quel che riguarda il luogo della cessione, la direttiva non opera alcuna distinzione tra cessioni “intracomunitarie” e cessioni “interne”,[13] ma solo a seconda che il bene venga spedito/trasportato o meno:[14] sarà il luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto, se il bene è spedito o trasportato dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo;[15] se invece il bene non viene spedito o trasportato, sarà il luogo dove esso si trova al momento della cessione.

Il luogo dell’acquisto intracomunitario, invece, è il luogo dove si trovano i beni al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.[16]

Le triangolazioni comunitarie

Il “terzo incomodo”

Ma cosa succederebbe, in base a quanto detto supra, nel caso in cui un acquirente polacco P chiedesse al venditore italiano I di spedire le merci non presso la sua fabbrica in Polonia, bensì direttamente in Germania presso la società G, cliente di P?

Il lato-cessione intracomunitaria

Poiché la merce subisce un unico spostamento (dall’Italia alla Germania), a fronte di più cessioni (la prima I-P e la seconda P-G), un primo dubbio che può sorgere è se entrambe le cessioni siano considerabili come cessioni esenti intracomunitarie. La Corte di Giustizia ha però rigettato questa possibilità, dovendo innanzi tutto le cessioni essere considerate non contemporanee né unitarie, bensì come succedute l’una all’altra nel tempo.[17] La conseguenza è che lo spostamento intracomunitario della merce (ex Art. 32)[18] può essere imputato a una sola delle due cessioni, che sarà quindi l’unica esentata.[19] La sua identificazione dipende da una valutazione globale di tutte le circostanze particolari che consenta di determinare quale cessione soddisfi tutte le condizioni ad essa relative, che meglio si analizzeranno in seguito nell’articolo.[20]

Il lato-acquisto intracomunitario

Cambiando sponda, bisogna capire se e quale cessione, tra I-P e P-G, realizzi un acquisto intracomunitario. Infatti, l’Art.20 della Direttiva richiede che i beni siano spediti o trasportati “dal venditore, dall’acquirente o per loro conto a destinazione dell’acquirente”. Tuttavia, nell’esempio, le merci non sono spedite/trasportate a destinazione dell’acquirente P, e potrebbe quindi sorgere il dubbio che l’acquisto intracomunitario da parte del primo acquirente P non si concretizzi, non essendo P registrato/identificato in Germania.[21] A dirimere la questione viene incontro l’articolo 23 della Direttiva, per il quale gli stati membri devono prendere le misure necessarie ad assicurare che le operazioni effettuate da chi, di fatto, non è identificato/registrato nel territorio, vengano qualificate come acquisti intracomunitari. Perché ciò avvenga, bisogna idealmente considerare, nell’operazione in esame, il soggetto non identificato/registrato come un soggetto passivo che agisce in quanto tale nel territorio: nel caso in cui quest’ideale operazione risulti qualificabile quale cessione di beni, allora la transazione realizza un acquisto intracomunitario di beni.

Di conseguenza, tornando all’esempio, la cessione I-P si considera un acquisto intracomunitario di beni territorialmente rilevante in Germania, ancorché P non sia in possesso di una partita IVA tedesca. Stando a quanto detto sopra, I realizzerebbe una cessione in Italia, luogo dove il bene si trova al momento iniziale della spedizione, ex Art.32 della Direttiva. Tale cessione godrà della non imponibilità ex Art. 138(1), in quanto acquisto intracomunitario di beni (Art.20) effettuato da P e rilevante in Germania, ossia il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione (Art.40). P risulterebbe però debitore dell’IVA tedesca sull’acquisto intracomunitario (Art.200), e in Germania dovrebbe a tal fine identificarsi o registrarsi ai fini IVA. Ne deriva che la successiva vendita di P al cliente G verrebbe considerata una “operazione interna”, specificamente una cessione senza trasporto ex Articolo 31, su cui P dovrebbe applicare l’IVA tedesca.[22]

La “fallback rule”

Poiché, come detto, la fattispecie di cui all’attuale Articolo 23 permette al soggetto cedente di considerare l’operazione quale acquisto intracomunitario a prescindere dal fatto che il soggetto passivo acquirente abbia una partita IVA nel paese di destinazione, il sistema appena descritto è vulnerabile a strumentalizzazioni atte a evadere l’imposta nel paese di destinazione, cosa che comporterebbe una doppia non-imposizione. È stata perciò introdotta[23] una norma antielusiva, per la quale il luogo di un acquisto intracomunitario si considera situato nel territorio dello stato membro che ha attribuito la partita IVA con la quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto.[24] Comunque, per salvaguardare l’applicazione del principio di destinazione, è fatta salva la potestà impositiva del paese di destinazione dei beni ceduti.

Questa presunzione vale a meno che non si provi che l’acquisto sia stato assoggettato correttamente all’IVA nello stato di arrivo, secondo la regola generale dell’articolo 40. In questo caso, lo stato membro che ha attribuito la partita IVA deve ridurre la base imponibile della sua pretesa in maniera proporzionale.[25] La ratio di fondo, quindi, è sia di garantire l’assoggettamento ad imposta dell’acquisto intracomunitario, sia di evitare la sua doppia imposizione.[26]

Tornando all’esempio, operativamente l’acquisto intracomunitario I-P verrebbe inizialmente considerato come avvenuto in Polonia, lo stato membro di identificazione ai fini IVA di P. Di conseguenza, P diventerebbe debitore dell’IVA sull’acquisto in Polonia. Nondimeno, al realizzarsi dell’acquisto intracomunitario ex Articolo 40, con l’arrivo dei beni presso G, P diventerebbe debitrice dell’IVA sull’acquisto anche in Germania. Se P assolvesse agli obblighi della regola generale, pagando l’imposta sull’acquisto in Germania, solo dopo aver assoggettato l’acquisto ad imposta in Polonia a norma dell’Articolo 41, sarebbe per lei possibile recuperare l’imposta versata in Polonia tramite l’emissione di una nota di variazione.[27]

La semplificazione per le triangolazioni comunitarie

Al fine di semplificare una tipologia di operazioni tanto diffusa come le triangolazioni, è stata introdotta una procedura semplificata con la quale, in linea generale, il secondo acquirente, che effettua l’acquisto intracomunitario nel paese di destinazione, non è ivi obbligato a registrarsi e a versare l’IVA sull’acquisto. L’IVA sarà invece dovuta dal destinatario finale mediante il meccanismo del reverse charge. La semplificazione è ottenuta mediante un sistema di presunzioni e di obblighi specifici.

  1. Presunzione del luogo dell’acquisto intracomunitario

Innanzi tutto, gli acquisti intracomunitari si considerano comunque effettuati nel luogo di destinazione secondo la regola generale dell’Articolo 40[28] quando:[29]

– l’acquirente dimostri di avere effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione nello stesso territorio di destinazione;

– a tal fine, l’acquirente includa l’operazione negli elenchi intrastat;

– il destinatario finale sia stato designato come debitore dell’imposta mediante il meccanismo del reverse charge.

Tornando all’esempio, grazie a questa norma, la fallback rule dell’Articolo 41 viene ignorata, e l’acquisto intracomunitario I-P si considera effettuato da P in Germania.

  1. Esenzione dell’acquisto intracomunitario

Il primo acquirente polacco P, però, compiendo l’acquisto intracomunitario in Germania, risulterebbe comunque ivi debitore dell’IVA sugli acquisti. Per ovviare a questo problema, l’Articolo 141 prevede che gli stati membri non assoggettino all’IVA sugli acquisti intracomunitari eseguiti secondo la regola generale dell’Articolo 40, qualora:

  1. a) l’acquisto di beni sia effettuato da un soggetto passivo non stabilito nello Stato membro in questione, ma identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro;
  2. b) l’acquisto di beni sia effettuato ai fini di una cessione successiva di tali beni, effettuata nello Stato membro in questione dal soggetto passivo di cui alla lettera a);
  3. c) i beni acquistati in tal modo dal soggetto passivo di cui alla lettera a) siano direttamente spediti o trasportati a partire da uno Stato membro diverso da quello all’interno del quale egli è identificato ai fini dell’IVA e a destinazione della persona nei confronti della quale egli effettua la cessione successiva;
  4. d) il destinatario della cessione successiva sia un altro soggetto passivo o un ente non soggetto passivo, identificati ai fini dell’IVA nello Stato membro in questione;
  5. e) il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta, tramite il reverse charge, per la cessione effettuata dal soggetto passivo che non è stabilito nello Stato membro in cui l’imposta è dovuta.
  6. Trasferimento dell’obbligazione IVA sull’acquisto al destinatario

Infine, stabilito in Germania il luogo dell’acquisto intracomunitario dell’operazione I-P con l’Articolo 42, ed esentato tale acquisto da parte di P con l’Articolo 141, la semplificazione imputa l’obbligazione IVA sull’acquisto in capo al destinatario G con l’Articolo 197. Il trasferimento dell’esenzione da chi compie l’acquisto intracomunitario al destinatario finale della spedizione è condizione soggettiva necessaria per l’avveramento sia della presunzione dell’Articolo 42, che dell’esenzione dell’Articolo 141. Le condizioni perché ciò avvenga sono:

  1. a) l’operazione imponibile è una cessione di beni effettuata alle condizioni di cui sopra, all’articolo 141;
  2. b) il destinatario di tale cessione di beni è un altro soggetto passivo, oppure un ente non soggetto passivo, identificati ai fini dell’IVA nello Stato membro dove è effettuata la cessione;
  3. c) la fattura emessa dal soggetto passivo non stabilito nello Stato membro del destinatario segue le prescrizioni di forma previste.

Particolare attenzione va posta però nel caso il primo acquirente (nell’esempio P), non stabilito nel paese di destinazione della merce, abbia ivi nominato un rappresentante fiscale: in questo caso, l’articolo 197(2) concede agli stati membri di derogare alla semplificazione.

L’identificazione del momento della cessione

La definizione di “cessione”

Come brevemente accennato supra, per “cessione di un bene” ai fini IVA non si intende il momento in cui avviene il passaggio della proprietà giuridica,[30] bensì quando viene trasferito il potere di disporne come proprietario.[31] Si tratta quindi di un’accezione più ampia di quanto si riscontra nel diritto civile. La sussistenza del potere di disporre come proprietario in capo al cessionario è un’analisi dei fatti e delle circostanze da determinare caso per caso, in relazione alla singola fattispecie.[32] Questo approccio privilegia quindi la sostanza (economic ownership) rispetto alla forma (legal ownership) della transazione, con la conseguenza che qualora la realtà dei fatti si discostasse dai termini e condizioni di fornitura, si correrebbe il rischio di veder stravolte le modalità di applicazione dell’imposta nella struttura della triangolazione. Per questo motivo, in sede di pianificazione dell’operazione, è necessario avere contezza del momento in cui avviene il passaggio del potere di disporre del bene come proprietario e, soprattutto nei “casi-limite” (si veda più avanti), predisporre una chiara ed adeguata documentazione contrattuale, in aggiunta agli Incoterms, in cui sia ben delineato il sistema delle responsabilità. L’essere responsabile dei rischi, quali ad esempio quelli connessi al trasporto o al danneggiamento delle merci, è infatti un possibile proxy dell’avvenuto trasferimento del potere di disporre come proprietario.[33]

Il momento della cessione nelle triangolazioni

Dalla sopra citata giurisprudenza della corte di Giustizia si è detto che, nel caso di triangolazioni, il primo acquirente può trasferire al secondo acquirente il potere di disporre di un bene come proprietario solo dopo averlo ricevuto dal primo venditore, e che anche qualora le due cessioni successive producano un solo movimento di beni, esse devono essere considerate come succedute l’una all’altra nel tempo; la seconda cessione, poi, può avere dunque luogo solo dopo che la prima si sia compiuta. Ciò consente di riassumere che:[34]

  1. la cessione non imponibile ex Articolo 138 è solo quella, nella catena, cui è ascrivibile lo spostamento della merce ex Articolo 32;
  2. le cessioni ad essa precedenti sono assoggettate all’IVA nel paese d’origine della merce;
  3. le cessioni ad essa seguenti sono assoggettate all’IVA nel paese di destinazione del bene.

Date queste premesse, va da sé la centralità dell’identificazione del momento della cessione in caso di triangolazione, poiché, come visto, trovarsi nel caso a), b) o c) comporta conseguenze ben differenti. Tornando all’esempio della triangolazione I – P – G, potrebbero sorgere problematiche nel caso in cui il trasporto della merce sia a cura di P o, addirittura, da G.  Nel primo caso, infatti, P agisce in ambo le vesti di acquirente (nella transazione I-P), che di venditore (nella transazione P-G). Nel secondo caso, invece, G agisce sia nelle vesti di trasportatore per conto di P, che come suo acquirente (P-G).  Nondimeno, se pur il ritiro della merce dal magazzino di I può essere considerato come il momento in cui viene trasferito da I a P il diritto di disporre del bene come proprietario, ciò non lo rende condizione sufficiente perché si concretizzi una cessione intracomunitaria.[35] Invero, qualora la cessione successiva P – G avvenisse prima che il bene lasci fisicamente lo Stato Membro di partenza, verrebbe meno il presupposto territoriale, e la cessione si concretizzerebbe quale operazione interna da assoggettare ad IVA.[36] Come identificare in questi casi, dunque, il momento del passaggio della capacità di disporre delle merci come proprietario?

La giurisprudenza Comunitaria risolve questo problema inserendo un elemento soggettivo. Si deve infatti all’uopo tenere conto, per quanto possibile, delle intenzioni dell’acquirente al momento della cessione, sempre che queste siano suffragate da elementi oggettivi.[37] Ne deriva che qualora il primo cedente I fosse stato informato dall’acquirente P del fatto che le merci sarebbero state rivendute prima di aver lasciato l’Italia, Stato Membro di cessione, la cessione intracomunitaria non sarebbe più quella I-P, bensì la transazione P –G.[38] La prima cessione I –P sarebbe quindi una cessione imponibile in Italia. Va però sottolineato come, ancorché l’onere della prova richieda elementi oggettivi, questi dipendono fondamentalmente dagli elementi che il primo cedente riceve dall’acquirente.[39]

A complicare il tutto, secondo la giurisprudenza comunitaria, la questione di chi possa disporre dei beni durante il trasporto è priva di rilevanza, [40] anche nel caso in cui il trasportatore sia il secondo acquirente G. Per la CJEU, tale questione va semplicemente ricompresa tra gli elementi da tenere in considerazione nella valutazione in merito all’attribuzione della cessione intracomunitaria alla prima o alla seconda transazione. È comunque evidente come questa posizione assunta dalla CJEU potrebbe permettere alle parti, soprattutto al proponente, di decidere a priori il paese in cui ascrivere la cessione intracomunitaria esente. [41]

Irrilevanza del possesso fisico dei beni per poterne disporre come proprietario

Nel tardo 2015 la CJEU ha emesso la pronuncia C-526/13 Fast Bunkering Klaipėda, che trattava l’applicabilità dell’esenzione IVA alle operazioni di bunkering nel caso di presenza di un intermediario. Pur non toccando questo caso le chain transactions, in esso la Corte si è espressa riguardo ad un tema per esse rilevante: l’identificazione del momento della cessione ai fini IVA. A seguito della pronuncia, ci si è posti il dubbio[42] che potesse essere qualificata come “cessione di beni” solamente quella in cui il proponente/intermediario prendesse fisicamente possesso della merce; [43] in altre parole, in caso di lettura estensiva, dalla sentenza poteva essere inteso che il possesso fisico dei beni da parte dell’intermediario fosse condizione necessaria perché si avverasse il trasferimento del potere di disporne come proprietario. È chiaro come ciò avrebbe potuto avere effetti dirompenti nel caso delle chain transactions, soprattutto in quei frequenti casi di strutture che utilizzano i c.d. limited-risk distributors.[44] L’evoluzione giurisprudenziale[45] ha consentito fortunatamente di sterilizzare ogni possibile effetto negativo. La Corte infatti ha successivamente confermato come, perché vi sia una triangolazione comunitaria, il possesso fisico dei beni da parte del secondo acquirente non sia necessario, con la conseguenza che lo stesso non deve intervenire direttamente nel trasporto dal primo cedente al cliente finale. Il trasporto può quindi essere curato anche dal primo cedente senza che ciò precluda il diritto alla non imponibilità della prima cessione. Anche le VAT Guidelines,[46] pubblicate dal Comitato IVA[47] in seno alla Commissione Europea, invitano ad una lettura riduttiva del caso Fast Bunkering. Ciò assume rilievo perché il Comitato, pur essendo un organo meramente consultivo, essendo composto da rappresentanti dei singoli Stati Membri, si può dire che esprima concetti di soft law.

Conclusione

L’impostazione delle cessioni intracomunitarie B2B ai fini IVA, basata sul principio di destinazione, pur garantendo la neutralità fiscale tra i business dei diversi Stati Membri, risulta problematica nel frequente caso di cessioni che coinvolgano più di due operatori. In questi casi, le cessioni vanno considerate come succedute l’una all’atra nel tempo, escludendo ogni presunzione di unitarietà pur in presenza di un singolo trasporto tra il primo cedente e il destinatario finale, a prescindere dal numero di cessioni intermedie. Di queste cessioni, solo una può essere considerata come la cessione intracomunitaria esente, e la sua identificazione dipende da una valutazione dei fatti e circostanze del caso. Il relativo acquisto intracomunitario, però, può far sorgere l’obbligo di registrazione ai fini IVA nello Stato Membro di destinazione ad uno dei soggetti intermedi partecipanti alla chain transaction.

Questa complicazione porta però problemi di compliance, quali il mancato assoggettamento ad IVA nel paese di destinazione, a scapito della neutralità fiscale; oppure potrebbe far desistere i soggetti dall’intraprendere l’operazione, con un effetto deterrente sulla libera circolazione dei beni, una delle libertà fondamentali dei trattati europei. Per risolvere il primo problema, è stata inserita una norma antielusiva, la c.d. fallback rule, per la quale la potestà impositiva è sussidiariamente rimessa allo Stato Membro che ha emesso la partita IVA, nel caso in cui l’IVA sull’acquisto non fosse correttamente dovuta nel paese di destinazione della merce. Per limitare il secondo problema, la Direttiva prevede una semplificazione per una specifica tipologia di chain transaction, la triangolazione comunitaria, che permette di evitare la registrazione del primo acquirente in entrambi i paesi di partenza e destinazione dei beni.[48] Questa semplificazione opera mediante un sistema di presunzioni ed obblighi specifici, di fatto rendendo non imponibili le prime due cessioni, trasferendo l’obbligazione dell’IVA sull’acquisto al destinatario finale del bene mediante il meccanismo del reverse charge, nel caso in cui i tre soggetti risiedano in tre Stati Membri diversi.

Nonostante la semplificazione, sono presenti molte lacune, che la giurisprudenza Comunitaria sta pian piano colmando. Allo stato attuale, si può dire che il framework così formatosi permetta, alle aziende che non necessitano di particolari complessità, una pianificazione sufficientemente affidabile. In questo contesto, le modalità di identificazione della cessione intracomunitaria così come delineate dalla recente giurisprudenza della CJEU paiono consentire eccessive possibilità di pianificazione, soprattutto per il soggetto proponente. Questi può, tacendo o informando il venditore circa le condizioni contrattuali in essere col cliente finale, di fato spostare l’obbligazione tributaria da un paese all’altro. Data la criticità della fattispecie, è consigliabile quindi conservare evidenze documentali con cui giustificare gli attributi fiscali dell’operazione. Va da sé che la produzione di detta documentazione risulta più agevole al momento dell’operazione, per questioni di praticità e reperibilità delle informazioni. Ancorché lapalissiana, questa pratica è sovente dimenticata dalle aziende, che si ritrovano spesso costretti a ricostruire situazioni e richiedere documenti a distanza di anni, con oneroso dispendio di tempo e denaro. Qui il consulente può giocare un ruolo centrale, aiutando il cliente a prevedere gli effetti economico-fiscali di questo tipo di operazioni: oltre ad assicurare la corretta applicazione della normativa alla situazione in oggetto, al contempo si creeranno giocoforza flussi documentali utili ai fini probatori (e-mail, lettere, files, ecc-.).

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[1] Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CJEU), sentenza C-252/86 – Bergandi v Directeur général des impôts, p. 8.

[2] Intese in senso atecnico di fuoriuscita del bene dal territorio di uno stato.

[3] Non inficiando, quindi, il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti. Nella normativa Italiana tali operazioni sono chiamate “non imponibili”, laddove il termine “operazioni esenti” è utilizzato per quelle operazioni che non permettono la detrazione. La Direttiva non pratica invece alcuna distinzione.

[4] OCSE – International VAT/GST Guidelines, p. 1.8-1.10.

[5] OCSE – International VAT/GST Guidelines, p. 1.11.

[6] Il “VAT gap”, ossia la differenza tra il gettito IVA stimato e quello effettivamente raccolto, nel 2014 in Europa è stato stimato in 159,5 miliardi di euro, di cui 37,8 riconducibili all’Italia

[7] Christian Amand, “Taxation of Intra-Community Supplies of Goods”, International VAT Monitor, luglio/agosto 2014, pagina 188.

[8] Articolo 402 della Direttiva 2006/112/CE, qui chiamata Direttiva. La “temporaneità” prosegue dal 1991. In realtà, la Commissione ha confermato di rinunciare al tentativo di introdurre un regime definitivo fondato in linea di massima sul principio dell’imposizione nello Stato membro d’origine.

[9] Articolo 20 della Direttiva.

[10] Articolo 200 della Direttiva.

[11] Articolo 138(1) della Direttiva.

[12] Articolo 2(1)(b) della Direttiva.

[13] Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 46.

[14] Articoli 31, 32 e ss. Della Direttiva.

[15] Articolo 32(1) della Direttiva.

[16] Articolo 40 della Direttiva.

[17] Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 38. Importante corollario è che l’acquirente intermedio può trasferire al secondo acquirente il potere di disporre di un bene come proprietario solo dopo averlo ricevuto dal primo venditore.

[18] Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 51.

[19] Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-245/04 “EMAG”, paragrafo 45.

[20] Corte di Giustizia Europea (ECJ), Causa C-430/09 “Euro Tyre Holding”, paragrafo 27.

[21] B.J.M. Terra et al., Commentary – A Guide to the Recast VAT Directive (IBFD 2016), pagina 908

[22] Per semplicità, si trascura l’eventuale applicazione dell’opzione per lo “slittamento” dell’obbligazione IVA dal soggetto passivo non stabilito al destinatario della cessione, ex Art. 194 della Direttiva

[23] Dalla Direttiva 92/111/CEE che modificò la Sesta Direttiva

[24] Articolo 41 della Direttiva, in Italia Articolo 40 c.2 del DL 331/1993.

[25] Articolo 41(2) della Direttiva, in Italia Articolo 43 c.2 del DL 331/1993.

[26] Corte di Giustizia Europea, caso C-536/08 “Facet”, paragrafo 35.

[27] B.J.M. Terra et al., Commentary – A Guide to the Recast VAT Directive (IBFD 2016), pagina 909.

[28] la fallback rule dell’Articolo 41 viene dunque derogata.

[29] Articolo 42 della Direttiva.

[30] CJEU – Caso C-320/88 Safe, paragrafo 9.

[31] Articolo 14 della Direttiva.

[32] CJEU – Caso C-320/88 Safe, paragrafo 13.

[33] Ad esempio una delle condizioni che i Regolamenti Applicativi dell’IVA tedesca prevedono affinché la cessione intracomunitaria sia attribuibile alla seconda cessione è che il secondo acquirente sopporti i costi di trasporto e se ne assuma i rischi: Umsatzsteuer-Anwendungserlass, punto 3.14 “Reihengeschäfte“, paragrafo (10).

[34] Joep J.P. Swinkels, “Zero Rating Cross-Border Supplies of Goods under EU VAT – Triangular Takeaway Transactions”, International VAT Monitor 2012, pagina 401.

[35] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 32.

[36] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 33.

[37] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 34.

[38] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 36.

[39] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 37.

[40] CJEU – Caso C-430/09 Euro Tyre Holding BV, paragrafo 40.

[41] Stefan Maunz, Hendrik Marchal, Zero Rating Cross-Border Triangular Transactions under EU VAT, International VAT Monitor, ottobre 2012, pagine 310-311

[42] Jan Sanders, “Implications of the FBK Case on Chain Transactions”, International VAT Monitor 2016, pagine 8-11.

[43] Value Added Tax Committee – taxud.c.1(2016)3438314 – Working paper No 907, pagina 5.

[44] Jan Sanders, op.cit. nota 42, pagina 11.

[45] CJEU – Caso C-159/14 Koela-N EOOD (pubblicato in solo francese); oppure C-277/14 PPUH Stehcemp.

[46] Si vedano le VAT Guidelines risultanti dal 107° incontro dell’8 luglio 2016, Documento B – taxud.c.1(2016)7297391 – 911

[47] Costituito ai sensi dell’Articolo 398 della Direttiva IVA.

[48] Peter Hughes, EU VAT Aspects of Longer Chains of Triangular Transactions, International VAT Monitor Luglio 2012, pagina 230.