L’Evoluzione dei Metodi nel Transfer Pricing

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Da “Il Commercialista Veneto” n. 232 (click to download)

1.      Premessa

Il principio di libera concorrenza (arm’s length principle) è stato introdotto [1] nell’articolo 9(1) del Modello di Convenzione Fiscale dell’OCSE (MC) al fine di contrastare i casi di doppia imposizione[2] degli utili d’impresa[3] in seno ai gruppi di imprese multinazionali. In presenza di un trattato contro le doppie imposizioni tra due stati, esso è il termine di riferimento cui eventuali normative nazionali devono confrontarsi, qualora prevedano di riprendere a tassazione redditi prodotti da transazioni effettuate da imprese associate.

Operativamente, l’applicazione dell’articolo 9(1) consta di due passaggi.[4] Il primo è la verifica dell’an, ossia la verifica delle condizioni della transazione e della loro aderenza al principio di libera concorrenza. Se dall’analisi risulta che le condizioni in essere non sono ad arm’s length, allora è concesso allo Stato contraente di tassare l’utile che sarebbe sorto fossero state rispettate tali condizioni. La determinazione del quantum, il secondo passaggio, avviene mediante l’applicazione di uno dei metodi previsti dalle apposite Linee Guida dell’OCSE.

In questo articolo, dopo un excursus storico, vengono descritti i metodi nei loro caratteri salienti, cercando di approfondire certe tematiche teoriche lasciate normalmente in secondo piano, tenendo in considerazione le conseguenze dell’Action Plan riguardante il progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) in seno all’OCSE.

2.      I metodi nel Report del 1979

Il report “Prezzi di Trasferimento e Imprese Multinazionali” del 1979 (il Report), edito dal Committee for Fiscal Affairs (CFA) dell’OCSE, è il documento che ha posto le basi[5] della attuale disciplina in tema di prezzi di trasferimento. Impostato sulla falsariga delle Transfer Pricing Regulations emanate dall’IRS Statunitense nel 1968,[6] il Report ha fornito indicazioni in merito alle pratiche comuni[7] per la determinazione dei prezzi di trasferimento nell’ambito dell’articolo 9 MC, tanto che lo stesso Commentario del Modello di Convenzione ne fa riferimento esplicito sin dal 1992.[8] I suoi contenuti sono stati in seguito ampliati, ma non sostanzialmente modificati, con un secondo Report nel 1984. Il Report ha un’anima descrittiva, più che prescrittiva,[9] che esprime però importanti principi. Innanzi tutto l’importanza, nell’esaminare i prezzi adottati infragruppo, di partire dall’analisi di comparabilità, con particolare riguardo all’analisi funzionale espressa nelle varie funzioni svolte, i rischi e le responsabilità assunte. Si ravvisa inoltre, ancorché non esplicitamente, l’esistenza di una gerarchia nei metodi, suddivisi tra i “metodi tradizionali”,[10] brevemente descritti e suddivisi in Comparable Uncontrolled Price (CUP), Cost Plus e Resale Price; e gli “altri metodi”,[11] tra cui si può far rientrare i metodi basati sull’utile, citati solo vagamente. L’applicabilità di questi ultimi non è espressamente preclusa, ma è chiaro che per il CFA la loro utilizzabilità andrebbe limitata a sanity check dei metodi tradizionali, o per risolvere dispute bilaterali tra stati.[12] Per l’OCSE, i metodi basati sul profitto si pongono quindi su un piano inferiore di affidabilità rispetto ai metodi tradizionali, dei quali il più appropriato è il CUP[13], metodo da utilizzare ogni qual volta ve ne fosse l’opportunità.[14]

3.      I metodi nelle Transfer Pricing Guidelines del 1995

È solo con le Linee Guida del 1995 (TPGL95)[15] che l’OCSE ha elaborato compiutamente un framework di metodologie atte a stabilire se le condizioni poste in essere tra le imprese oggetto di analisi sono coerenti o meno col principio di libera concorrenza. Vengono riproposti ed approfonditi i metodi tradizionali e, rispetto al Report, è dedicato un capitolo specifico ai metodi basati sull’utile (il Transactional Net Margin Method e il Profit Split Method),[16] con indicazioni e linee guida utili per la loro applicazione. Sul punto, però, le TPGL95 sono un Giano bifronte, che presenta elementi di continuità rispetto al passato, ancorché non definiti in modo coerente, tanto da sembrare in contraddizione. Un elemento di continuità si ha nel loro considerare i metodi basati sull’utile “altri approcci che possono essere utilizzati per avere un’approssimazione delle condizioni di libera concorrenza quando i metodi tradizionali non possono essere applicati da soli in modo affidabile, o non possono essere applicati affatto,”[17] e comunque quale ultima risorsa il cui utilizzo è comunque scoraggiato.[18] Infatti, le TPGL95 affermano esplicitamente che “i metodi tradizionali devono ritenersi preferibili rispetto ai metodi basati sull’utile per determinare se un prezzo è stato fissato in libera concorrenza”[19] e, in tutti i casi in cui è possibile identificare una transazione non controllata comparabile, il CUP è preferibile a qualsiasi altro metodo.[20] Viene dunque esplicitata formalmente la gerarchia metodologica delineata a suo tempo dal Report. In contrapposizione a questa stretta visione gerarchica dei metodi adottabili, nel capitolo introduttivo è invece affermato come “nessun metodo è adeguato ad ogni possibile caso, e la applicabilità di uno qualsiasi dei metodi non può essere aprioristicamente negata […]Inoltre, i gruppi multinazionali sono liberi di applicare altri metodi che non siano quelli presentati in queste Linee Guida al fine di fissare i loro prezzi, a condizione che tali prezzi soddisfino il principio di libera concorrenza in conformità con le presenti Linee Guida.”[21] Dalla lettura del citato paragrafo[22] emerge chiaramente l’influenza del Best Method Rule, concetto mutuato dalle Temporary[23] e le Final United States Regulations,[24] secondo le quali deve essere scelto il metodo che, analizzati i fatti e delle circostanze del caso, fornisce la migliore approssimazione di un risultato ad arm’s length. [25] È bene però sottolineare che secondo le TPGL95 i metodi basati sull’utile della transazione vanno considerati come metodi di ultima istanza, da utilizzare solo in casi eccezionali di mancanza di informazioni e dati sufficienti, o in cui sia impossibile utilizzare uno dei metodi tradizionali.[26]

4.      I metodi nelle Transfer Pricing Guidelines del 2010[27]

Nell’ambito del mandato di monitoraggio e aggiornamento delle TPGL95 conferitogli dal Consiglio dell’OCSE,[28] il CFA ha in seguito avviato un procedimento di revisione delle Linee Guida. Il lavoro era prevalentemente incentrato a risolvere i problemi pratici che sorgevano dall’applicazione delle TPGL95 in due aree specifiche, quali l’utilizzo pratico dei metodi ivi previsti e le modalità di utilizzo dei metodi basati sull’utile della transazione. [29] Esso si è concluso con la pubblicazione delle Transfer Pricing Guidelines 2010 (TPGL2010), caratterizzate tra le altre[30] cose da una profonda revisione dei Capitoli I-III. Detta revisione ha innanzi tutto rimosso, almeno nelle intenzioni, la gerarchia dei metodi introdotta nel ’95, prevedendo che il metodo da utilizzarsi debba essere il più appropriato a seconda del caso, cercando di chiudere il gap tra le TPGL95 e i Regolamenti Statunitensi a seguito del Best Method Rule. In conseguenza di ciò, sono state ampliate le indicazioni riguardo i metodi basati sull’utile della transazione, non più da utilizzarsi in soli casi eccezionali, e per i quali sono stati aggiunti due allegati illustrativi.[31] Inoltre, sono stati inseriti un capitolo intero e un allegato riguardanti l’analisi di comparabilità.

Le Linee Guida introducono alcuni criteri per determinare quale sia il metodo più appropriato a fornire un’approssimazione ragionevole rispetto a un risultato rispondente al principio di libera concorrenza, ottenuto sulla base di informazioni affidabili.[32] Questi criteri sono applicabili a ogni metodo a prescindere dal fatto che esso sia tradizionale o basato sull’utile, dato che in linea teorica tutti i metodi sono astrattamente idonei a stabilire se le condizioni poste in essere nelle relazioni commerciali o finanziarie tra imprese associate siano coerenti con il principio di libera concorrenza. Tuttavia, le TPGL2010 contengono una serie di indicazioni che lasciano intendere come la gerarchia dei metodi non sia stata totalmente abbandonata. È infatti previsto che, qualora fosse possibile applicare in maniera ugualmente affidabile un metodo basato sull’utile e un metodo tradizionale, la preferenza debba ricadere su quest’ultimo. Inoltre, è riconfermata la predilezione dell’OCSE per il CUP, per il quale si dovrà optare in caso di pari affidabilità rispetto a un altro dei metodi. Per l’OCSE quindi, i metodi tradizionali sono considerati i mezzi più diretti per stabilire se le condizioni delle relazioni commerciali e finanziarie fra imprese associate siano fondate sul principio di libera concorrenza.[33]

La selezione del metodo più appropriato a seconda delle circostanze del caso si fonda su quattro criteri:[34]

  1. I rispettivi vantaggi e gli svantaggi dei metodi riconosciuti dall’OCSE;
  2. la coerenza del metodo considerato con la natura della transazione controllata, determinata in particolar modo attraverso l’analisi funzionale;
  3. la disponibilità di informazioni affidabili (in particolar modo sugli elementi comparabili indipendenti) necessaria all’applicazione del metodo selezionato e/o degli altri metodi;
  4. il grado di comparabilità, tenendo in considerazione l’affidabilità degli aggiustamenti di comparabilità che siano necessari.

Le Linee Guida, invero, non “guidano” più di tanto su come interpretare ed applicare i criteri, che sono invece discussi in maniera più approfondita in un documento[35] preparato dal segretariato dell’OCSE interamente dedicato ai metodi in materia di prezzi di trasferimento. Il documento è in realtà interessante anche e soprattutto perché esprime meglio il rapporto di dipendenza della scelta del metodo dalla natura della transazione. Infatti, esso sottolinea[36] la forte relazione tra la scelta del metodo e la scelta del tested party,[37] il che comporta la necessità in primo luogo di delineare la transazione tra imprese associate (controlled transaction), procedendo all’individuazione delle caratteristiche economicamente rilevanti, mediante l’analisi di comparabilità.

Nell’applicazione del principio di libera concorrenza, stante il suo essere basato su un confronto, il concetto di comparabilità è centrale. Esso prevede che nessuna delle differenze (nel caso esistano) tra le situazioni oggetto del confronto può influenzare in maniera significativa l’elemento esaminato dal punto di vista metodologico, oppure si possono effettuare delle rettifiche ragionevolmente accurate per eliminare gli effetti di tali differenze.[38]Le caratteristiche o i “fattori di comparabilità” che compongono l’analisi comprendono le caratteristiche dei beni o dei servizi trasferiti, le funzioni svolte dalle parti (prendendo in considerazione i beni utilizzati e i rischi assunti), le clausole contrattuali, le circostanze economiche delle parti e le strategie commerciali adottate dalle parti in causa.[39]

Solo una volta tracciati i fattori di comparabilità, identificate le funzioni svolte, i beni utilizzati, e i rischi assunti, è possibile procedere alla selezione dei comparables[40] e del metodo. La dipendenza della scelta del metodo dall’analisi funzionale, espressione del principio del metodo più appropriato, era chiaramente desumibile in un passaggio della bozza di revisione delle TPGL2010, non recepito nella versione finale: “there are situations where transactional profit methods are found to be more appropriate than traditional transaction methods. One example is where, considering the functional analysis of the controlled transaction under review and an evaluation of the comparable uncontrolled transactions, it is found that a net profit margin analysis is more reliable than a gross margin analysis, e.g. because there are material differences in functions between the tested and the uncontrolled transaction which are reflected only in operating expenses below the gross margin level.”[41]

5.      L’evoluzione del progetto BEPS

Nel contesto del piano di azione volto a combattere gli episodi di Base Erosion and Profit Shifting (BEPS),[42] l’OCSE ha individuato una serie di Azioni con le quali si propongono modifiche alle attuali regole di transfer pricing per poter allocare i profitti in coerenza con i contributi delle singole imprese alla creazione del valore.[43] Per questo fine il capitolo I è stato inoltre completamente riscritto per quanto riguarda le modalità di analisi delle controlled transaction, enfatizzando l’importanza della corretta identificazione dei cinque fattori di comparabilità, che costituiscono le caratteristiche economicamente rilevanti della transazione. È sottolineato come le imprese, nel valutare i termini di una possibile transazione, terranno in considerazione le varie opzioni realisticamente disponibili, e effettueranno tale transazione soltanto se non individuano nessuna alternativa che risulti nettamente più vantaggiosa.[44] È inoltre evidenziato come, nel verificare la comparabilità tra due transazioni e l’eventuale aggiustamento di prezzo, l’importanza di ciascuno dei cinque fattori sarà più o meno significativa in relazione alla natura della transazione e del metodo di determinazione dei prezzi adottato.[45] È però importante comprendere come non sia necessario che le transazioni osservate tra due parti indipendenti siano tout-court uguali per essere considerate comparabili. Piuttosto, ciò che conta è che la logica economica sottostante sia la medesima che sarebbe stata concordata tra due parti indipendenti in condizioni economiche comparabili.[46] In questo contesto, particolare importanza riveste il concetto di rischio, per il quale la teoria economica riconosce una relazione funzionale con il rendimento atteso di un investimento. L’OCSE ha quindi fornito un framework con il quale è possibile analizzare ed allocare i rischi sottesi alla transazione, in maniera tale da ricreare le logiche che governano, sul libero mercato, le transazioni che avvengono tra parti indipendenti. In assenza di logica economica, è prevista la possibilità di ignorare o addirittura di ricaratterizzare la transazione.[47]

Per la parte “operativa” di allocazione del profitto, enfasi particolare è stata posta nel metodo del profit split, le cui modalità di applicazione saranno oggetto di approfondimento da parte del OCSE nel corso del 2016, e per una descrizione del quale si rimanda al paragrafo apposito.

6.      L’importanza della reportistica nel Transfer Pricing

Le varie configurazioni dei cinque fattori di comparabilità sono riflessi in parte in accadimenti che sfociano in scritture di contabilità. È di conseguenza necessario avere in mente la struttura di conto economico che viene normalmente utilizzata dalle imprese dato che, come si vedrà, a seconda del metodo di transfer pricing adottato, le “zone” del conto economico avranno maggiore o minore rilevanza ai fini dell’analisi.

+ Ricavi di vendita (TP)
– Costi di produzione (COGS)
= Margine lordo (ML)
– Costi operativi
= Utile operativo/EBIT
+- Ricavi/costi non operativi
– imposte
= Utile dopo le imposte

 

7.      Il Metodo del confronto di prezzo sul libero Mercato (CUP)

Il metodo CUP confronta il prezzo di beni o servizi trasferiti nel corso di una operazione tra imprese associate (controlled transaction) con il prezzo applicato a beni o servizi trasferiti nel corso di una transazione comparabile sul libero mercato, quindi tra due imprese indipendenti, in circostanze comparabili (comparable uncontrolled transaction).[48] La transazione uncontrolled ha quindi due caratteristiche: avviene tra due attori indipendenti ed è comparabile alla transazione da controllata da confrontare. Il confronto si può basare innanzi tutto sul prezzo applicato dall’impresa in transazioni comparabili con controparti indipendenti (transazione comparabile interna o internal comparable). È il caso in cui l’azienda venda lo stesso prodotto, ceteris paribus, sia a imprese associate che a terze imprese indipendenti, ed il prezzo applicato a queste ultime è per definizione un prezzo ottenuto sul libero mercato. La seconda tipologia di confronto si ha sulla base del prezzo che due aziende indipendenti applicano in transazioni comparabili a quella in esame (transazione comparabile esterna o external comparable). Idealmente non vi è alcuna differenza tra un comparable esterno ed uno interno, ma la presenza di asimmetrie informative rende questi ultimi più affidabili. Altra conseguenza delle carenze informative, oltre che degli stringenti requisiti di comparabilità, è la difficoltà nel reperire transazioni comparabili. Ciò limita notevolmente l’applicabilità di questo metodo, limitandolo solitamente a casi in cui si sia in possesso di internal comparables, di prodotti standardizzati quali le commodities o per i finanziamenti.

Il confronto tra la transazione controlled e la uncontrolled permette di verificare l’an secondo l’articolo 9 della MC. Per cui se le condizioni alla base delle relazioni commerciali e finanziarie delle transazioni controlled e uncontrolled sono comparabili, e i prezzi sono uguali, allora i prezzi applicati nella transazione tra imprese associate sono concorrenziali, e nessuna riallocazione degli utili è dovuta. Al contrario, se i prezzi applicati differiscono, e ciò non deriva da differenze in uno o più dei fattori di comparabilità, sarà necessario calcolare il quantum ex art.9 MC, che sarà pari alla differenza tra il prezzo della transazione controllata e quello ad arm’s length della uncontrolled.

È quindi chiaro come sia il prezzo dello specifico bene o del servizio l’elemento rilevante ai fini della comparabilità. Ciò lo rende un metodo c.d. diretto, perché il prezzo di trasferimento non è determinato per “deduzione” comparando i margini come avviene negli altri metodi. È inoltre un metodo “bilaterale”, perché il prezzo praticato è il risultato della negoziazione sul libero mercato tra l’entità acquirente e venditrice, corrispondente al punto di intersezione tra domanda ed offerta. Il fatto che il prezzo sia il medesimo sia per chi vende che per chi acquista permette di esulare dalla individuazione del tested party, necessario invece per gli altri metodi. È da notare che le caratteristiche del bene o del servizio normalmente sono, tra i 5 fattori, le qualità che più influenzeranno il prezzo di un bene o di un servizio, e che quindi devono essere analizzate più approfonditamente in sede di analisi di comparabilità. Altri fattori che da tenere comunque in considerazione sono le clausole contrattuali e le circostanze economiche sottostanti.[49]

8.      Il Metodo del Costo Maggiorato (Cost Plus)

L’analisi ha come oggetto il markup applicato dal fornitore ai costi sostenuti nella transazione controllata per produrre il bene o il servizio. Contrariamente al CUP, quindi, si tratta di un metodo unilaterale (one-sided), perché il prezzo è analizzato secondo il punto di vista di uno solo dei partecipanti alla transazione (tested party), senza curarsi di eventuali differenti risultati della controparte. È evidente dunque l’importanza della corretta selezione del tested party, che sarà l’entità a cui un metodo di determinazione del prezzo di trasferimento può essere applicato nel modo più affidabile possibile e per il quale possono essere trovati gli elementi comparabili più affidabili: il più delle volte sarà la parte per cui l’analisi funzionale è meno complessa.[50] Un’ulteriore differenza del Cost Plus rispetto al CUP sta nel suo essere un metodo indiretto, poiché il transfer price viene ricavato solo dopo aver determinato il margine lordo (il markup) ad arm’s length. Contabilmente la formula è la seguente: TP = COGS x (1 + Markup), e si può descrivere nel modo seguente:[51]

Costo di acquisto delle materie prime                   -200

Altri costi diretti e indiretti di produzione            -100

Costi di produzione (COGS)                                      -300

Markup applicato (es. 20%) (ML)[52]                           60

= Prezzo di trasferimento (TP)[53]                             360

Altri costi                                                                             -40

REDDITO OPERATIVO                                                      20

L’identificazione del margine lordo (nell’esempio 60, che corrisponde al 20% dei costi di produzione) non presenta normalmente particolari difficoltà, essendo il metodo normalmente utilizzato dal management per fissare i prezzi di vendita, e si può facilmente reperire dal software di cost accounting. La base di partenza sono comunque i costi di produzione sui quali è applicato il markup. Trovato il margine, si procederà a verificare l’esistenza di comparable interni o esterni mediante analisi di comparabilità. Se dall’analisi emerge che:

  1. a) nessuna differenza (nel caso in cui esistano) tra le transazioni comparate o tra le imprese che avviano dette transazioni influenza sostanzialmente il cost plus mark up (non il prezzo) sul libero mercato; o che
  2. b) correzioni ragionevolmente adeguate possono essere apportate allo scopo di eliminare gli effetti sostanziali di dette differenze,[54]

allora si potrà testare l’aderenza del markup al principio di libero mercato comparandolo con quello applicato in transazioni comparabili non controllate (internal comparable), o con quello applicato da imprese terze indipendenti in transazioni comparabili non controllate (external comparable).

Nel primo caso basterà controllare, estrapolando le informazioni dalla contabilità gestionale, che il markup applicato a transazioni comparabili effettuate nei confronti di terzi indipendenti sia lo stesso applicato nella transazione controllata in esame.

Diversamente, nel (nella pratica difficile) caso in cui si abbiano i dati contabili, il markup applicato da un comparable esterno si ricaverà utilizzando il seguente indice: ML/COGS.[55] La percentuale risultante andrà confrontata con quello della transazione controllata, per constatare se le funzioni svolte, i beni utilizzati, e i rischi assunti sono remunerati in coerenza con quanto accadrebbe sul libero mercato. L’idea di base è che, a parità di funzioni, asset e rischi, la remunerazione tende ad essere la stessa, prescindendo dal tipo di prodotto/servizio reso. L’analisi funzionale influirà quindi maggiormente sulla comparabilità, anche se la presenza di notevoli differenze nei prodotti normalmente risulta in differenze nelle funzioni. È perciò consigliabile che le transazioni da comparare riguardino la stessa famiglia di prodotti.[56]

Sul punto è utile fare alcune precisazioni. Innanzi tutto, è interessante notare come i costi di produzione siano considerati come variabili indipendenti. Questo perché l’assunzione di base è che essi siano costituiti da transazioni avvenute con terze parti indipendenti dalla discrezionalità del gruppo. Nel caso non fosse così, sarà necessario provvedere ad un’ulteriore indagine per verificare se la transazione di acquisto del bene/servizio sia avvenuta ad arm’s length. Il fatto che si analizzino i margini lordi rende poi il metodo suscettibile a differenti politiche di redazione del bilancio: perché l’indice sia effettivamente comparabile è fondamentale che esse siano uniformemente applicate tra le imprese associate e le imprese indipendenti,[57] con tutte le difficoltà che ne conseguono.

9.      Il Metodo del Prezzo di Rivendita (Resale Price)

Il metodo del prezzo di rivendita si riferisce al prezzo a cui un prodotto che è stato acquistato da un’impresa associata viene rivenduto ad un’impresa indipendente,[58] ed è normalmente applicato quando il tested party è un distributore.[59] Detto prezzo viene poi ridotto di un adeguato margine lordo, che rappresenta la cifra con la quale il rivenditore cercherebbe di coprire le proprie spese di vendita ed altre spese di gestione e, alla luce delle funzioni svolte (considerando i beni utilizzati ed i rischi assunti), di ricavare un utile adeguato profitto.[60] Così come nel Cost Plus la variabile indipendente su cui basare l’analisi sono i costi di acquisto/produzione, nel Resale Price il valore di partenza è il prezzo di vendita. Questo perché, avvenendo la vendita con terze parti indipendenti, essa è necessariamente ad arm’s length. Ne deriva che si potrà avere profit shifting solo a livello di input, ossia nella transazione di acquisto del servizio o del bene dalla impresa associata. In assenza di un CUP che dimostri come il prezzo d’acquisto sia adeguato, non resta che dedurre tale valore in maniera indiretta, verificando che il margine lordo del prezzo di rivendita, espresso dalla relazione tra margine lordo e ricavi di vendita ( ML/TP ), sia pari quello che lo stesso rivenditore guadagna sugli articoli acquistati e venduti nel corso di transazioni comparabili sul libero mercato (internal comparable), o a quello che viene realizzato da un’impresa indipendente, nel corso di transazioni comparabili sul libero mercato (external comparable).[61] Il metodo si può descrivere nel modo seguente:[62]

Ricavi di vendita a clienti terzi                                   1.000

Margine del prezzo di rivendita[63]                              400

Costi di produzione (COGS)[64]                                      -600

Altri costi                                                                             -300

Utile operativo                                                                   100

L’analisi comparativa da svolgere per identificare i comparables è la medesima che si ha nel Cost Plus, per cui una transazione uncontrolled sarà comparabile a quella oggetto di investigazione se[65]

  1. a) nessuna delle differenze (nel caso esistano) tra le transazioni comparate o tra le imprese che avviano dette transazioni potrebbe sostanzialmente influenzare il margine del prezzo di rivendita (non il prezzo) sul libero mercato, oppure
  2. b) sono possibili correzioni ragionevolmente adeguate per eliminare gli effetti di dette differenze.

Come avviene nel Cost Plus, l’analisi funzionale influisce maggiormente sulla comparabilità rispetto alle caratteristiche fisiche dei prodotti/servizi venduti. La redditività di un distributore infatti deriva normalmente da caratteristiche che non impattano sul prodotto venduto in sé, soprattutto nel caso in cui non siano utilizzati beni unici (ad esempio beni immateriali) che aggiungano valore a quanto rivenduto. Per questo motivo, quando le transazioni controllate e quelle sul libero mercato sono comparabili in tutte le caratteristiche che non siano la tipologia di prodotto, il metodo del prezzo di rivendita potrebbe rappresentare un metro di valutazione delle condizioni concorrenziali più affidabile rispetto al metodo CUP,[66] nonostante il suo essere un metodo unilaterale. Nel caso contrario, in cui i beni subiscano ulteriori processi, trasformazioni o modifiche, il Resale Price dovrebbe essere accantonato per un metodo migliore.[67] Il metodo risente inoltre, per le stesse ragioni descritte nel Cost Plus, delle differenze nei principi di redazione del bilancio.

10. Il Metodo del Margine Netto della Transazione (Transactional Net Margin Method)

Questo metodo è, nella pratica, il più utilizzato. Il motivo è da ricercare nel fatto che si basa su indicatori facilmente ricavabili dai bilanci d’esercizio, che per le società sono pubblici e presenti in vari database utilizzabili all’uopo. Il TNMM è un metodo unilaterale, che individua un indicatore finanziario basato sull’utile[68] realizzato dal tested party in una transazione controllata, e lo compara. La scelta del tested party nel caso del TNMM segue la medesima ratio applicata nel caso del Cost Plus e del Resale Price, ossia in relazione ai risultati della analisi funzionale.[69]

Nel calcolo dell’indicatore, la scelta della base da rapportare all’utile netto, ad esempio vendite, costo del venduto, o l’attivo immobilizzato, dipende dai fatti e dalle circostanze del caso, oltre che dal tested party.[70] L’indicatore utilizzato è chiamato Profit Level Indicator,o PLI, ed è una componente fondamentale per la buona riuscita del sistema di transfer price adottato, e deve riflettere il valore delle funzioni svolte, i beni utilizzati, e i rischi assunti dal tested party,[71] come espressione dei driver di valore del business. I PLI più utilizzati sono i seguenti:[72]

Return on Assets (ROA) EBIT / Attività Operative
Operating Margin (OM) EBIT / Ricavi di vendita
Return on Total Costs (Net Cost Plus) EBIT / (COGS + Costi Operativi)
Return on Cost of Goods Sold ML / COGS
Berry Ratio ML / Costi Operativi

 

È importante che la base posta al denominatore sia ragionevolmente indipendente dalle transazioni controllate, per poter avere un punto di partenza oggettivo,[73] come lo sono i costi nel caso del Cost Plus, e i prezzi di vendita nel caso del Resale Minus. È quindi d’obbligo “nettare” le eventuali distorsioni derivanti da operazioni con parti correlate, per far sì che il denominatore sia composto da dati conformi al principio di libera concorrenza. Specularmente, i costi e i ricavi che non sono afferenti alla transazione controllata oggetto di analisi dovrebbero essere esclusi qualora influiscano in maniera significativa sulla comparabilità con le transazioni sul libero mercato, perché andrebbero ad condizionare l’utile posto al numeratore e, conseguentemente, il risultato del PLI.

È interessante notare che quando all’utile viene rapportato il costo del venduto o i ricavi di vendita, il TNMM è simile rispettivamente al Cost Plus e al Resale Price, con la differenza che i prezzi di trasferimento si deducono in via indiretta da margini netti e non da margini lordi.[74] È proprio questo livello di “astrazione” del TNMM (e dei transactional method in genere) la ragione alla base della gerarchia dei metodi, riflesso della diffidenza nutrita da alcuni stati membri in uno strumento così apparentemente lontano dall’oggetto del transfer pricing, ossia, appunto, i prezzi. Ma il fatto che l’esame venga svolto a un livello “inferiore” del conto economico porta anche ad alcuni vantaggi e semplificazioni nell’analisi di comparabilità. Innanzi tutto, le caratteristiche dei beni/servizi svolgono un ruolo ancor più marginale rispetto a quanto avviene nel Cost Plus e nel Resale Minus.[75] Anche le differenze funzionali incidono tendenzialmente meno nel TNMM che nei metodi tradizionali, poiché tali differenze si riflettono spesso in una gamma variegata di margini di utile lordo, che vengono però compensati da maggiori o minori costi operativi, che portano a livelli di indicatori di utile netto largamente simili.[76]

Particolari problematiche potrebbero però sorgere a causa di differenti politiche di contabilizzazione di ammortamenti, svalutazioni, stock options e simili, qualora non si possano chiaramente identificare e “aggiustare” in modo affidabile.[77] In effetti, il problema dell’identificazione puntuale dei costi (e ricavi) dalle risultanze contabili è di primaria importanza, soprattutto nel caso di entità che svolgono più funzioni. Si pensi ad esempio a una controllata incaricata dalla parent di apportare alcune modifiche al prodotto prima di rivenderlo sul mercato locale. Si tratta di due transazioni distinte, per le quali l’utile netto rilevante ai fini della comparabilità deve essere determinato segmentando i costi e ricavi relativi, sostanzialmente creando due conti economici diversi su cui calcolare l’utile netto da testare.

11. Il Metodo di Ripartizione degli Utili (Profit Split)

Nell’ambito del Final Report delle Azioni da 8 a 10 del Progetto BEPS, l’OCSE ha pubblicato in bozza alcune considerazioni che saranno alla base della revisione delle Linee Guida, che avrà luogo tra il 2016 e 2017, con cui si fornirà maggior chiarezza in merito all’applicazione del Profit Split. Il metodo, se da una parte è considerato di difficile applicazione,[78] può essere però considerato il metodo che meglio riesce ad allineare la tassazione in funzione della creazione di valore.[79] È infatti un metodo bilaterale, secondo il quale gli utili complessivi (l’utile operativo) devono essere ripartiti tra le imprese associate su una base economicamente valida che si avvicina alla ripartizione degli utili che sarebbe stata prevista e riflessa in un accordo concluso in condizioni di libera concorrenza.[80] Storicamente, l’OCSE, lo ha ritenuto il metodo adeguato in presenza di operazioni molto integrate per le quali non risulterebbe opportuno un metodo unilaterale.[81] È stato però evidenziato come la caratteristica dell’integrazione sia però insita nella stessa definizione di impresa multinazionale, e che quindi la portata di tale affermazione dovrebbe essere perfezionata dalle prossime linee guida.[82]

Allo stato attuale, la ripartizione degli utili può avvenire secondo due approcci: l’analisi del contributo, e l’analisi del residuo.

La contribution analysis basa la suddivisione su un’approssimazione ragionevole della ripartizione degli utili che le imprese indipendenti avrebbero previsto di ottenere da transazioni comparabili.[83] Tale approssimazione può essere ad esempio desunta da clausole contrattuali (es. joint venture) di transazioni comparabili poste in essere tra parti indipendenti.

La residual analysis, invece, è formata da due fasi. Nella prima fase, ad ogni partecipante viene attribuita una remunerazione di libera concorrenza per i suoi contributi non unici riguardanti le transazioni controllate alle quali partecipa. Nel gergo “di ogni giorno” si parla di remunerazione delle funzioni di routine, termine con cui si descrivono quelle attività che non originano una “rendita economica”,[84] che si ha invece in presenza di “beni unici e di rilevante valore”. Si riconferma dunque la centralità dell’analisi funzionale per una corretta delineazione della transazione e per la corretta suddivisione delle funzioni di routine e di non-routine. Solo con una attenta analisi funzionale si potranno infatti identificare le attività economicamente rilevanti svolte dalle parti e, tra esse, le attività “uniche e di rilevante valore” che danno origine alla rendita economica. Queste attività spesso sono attività immateriali, anche se non tutti gli intangible sono non-routinari, e non tutte le rendite economiche derivano da intangible. Queste differenze, compresa la definizione di “contributo unico e di valore apportato dalle parti”, saranno oggetto di approfondimento nella bozza delle Linee Guida di prossima emanazione.[85]

Una volta identificate le funzioni di routine, andrà calcolata la loro remunerazione. A questo fine, è possibile utilizzare uno qualsiasi degli altri metodi, seguendo il principio del metodo più appropriato. Fatto ciò, nella seconda fase, l’utile (o la perdita) residuo sarà ripartito in base ad un’analisi dei fatti e delle circostanze, attraverso parametri oggettivi (allocation keys)[86] che esprimono il contributo apportato dalle parti alla transazione in oggetto.[87] Nelle TPGL2010 non è prevista una lista prescrittiva di criteri di allocazione degli utili da suddividere, e la revisione delle Linee Guida dovrà fare luce proprio su come scegliere tali parametri. L’obiettivo è ottenere una suddivisione degli utili che sia correlata alla creazione del valore, in coerenza col principio di libera concorrenza,[88] raggiungibile solo mediante una corretta delineazione della transazione secondo il principio del metodo più appropriato,[89] in base all’analisi funzionale dei contributi delle parti.[90]

Il fatto che, a parte nei casi di joint ventures, le imprese indipendenti non utilizzino questo metodo non può che avere conseguenze in tema di quantità e qualità nei comparable, facendo quindi sorgere la necessità di avere un’indicazione della documentazione minima necessaria da produrre per evitare il sorgere di contenziosi nell’ambito di un metodo che, almeno sulla carta, può meglio allineare la tassazione alla creazione di valore, ma la cui elevata soggettività può creare difficoltà in sede di contenzioso. Dopotutto, la suddivisione dell’utile residuo avviene non tanto sulla base di valori di mercato, ma su assunzioni teoriche slegate dal concetto di valore ad arm’s length.[91]

12. Conclusione

Si può concludere[92] che vi sia stata una lenta ma costante evoluzione[93] nell’approccio ai metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, inizialmente focalizzato sul prezzo della singola transazione, normalmente espresso da un CUP, all’attuale analisi “a 360 gradi” delle relazioni che legano tutte le aziende partecipanti. In questo senso, il restyling in atto col progetto BEPS non introduce vere novità e il fatto che, tra tutti i metodi, ampio spazio venga dato al solo profit split non deve essere inteso come un invito alla sua utilizzazione su larga scala. Ciò che invece emerge rafforzato dalla lettura unitaria delle varie Azioni che toccano il TP è il concetto che non esiste un metodo più appropriato tout court, ma che all’opposto esiste un metodo più appropriato alle circostanze del caso, determinabile solo a seguito di una corretta ed approfondita analisi funzionale, vera l’architrave su cui si “poggiano” la fase di delineazione della transazione, la conseguente scelta del metodo (e del tested party), e la sua selezione dei comparable. La “riconferma” della centralità dell’analisi funzionale, che la miglior dottrina ha già da tempo ormai assodato, auspicabilmente porterà alla definitiva scomparsa della “tattica” di focalizzare la documentazione (e le contestazioni) su una voluminosa selezione dei comparable, a cui però non corrisponde una adeguata analisi funzionale.

[1] Sin dalla Bozza di Convenzione del 1963. Si veda Jens Wittendorf, “Transfer Pricing and the Arm’s Length Principle in International Tax Law”, pagine 196-197.

[2] Michael Lang, “Introduction to the Law of Double Taxation Conventions”, 2nd edition, Linde, 2013, paragrafo 474.

[3] Normate dall’articolo 7 del modello OCSE contro le doppie imposizioni.

[4] Esso prevede che: “Where a) an enterprise of a Contracting State participates directly or indirectly in the management, control or capital of an enterprise of the other Contracting State, or b) the same persons participate directly or indirectly in the management, control or capital of an enterprise of a Contracting State and an enterprise of the other Contracting State, and in either case conditions are made or imposed between the two enterprises in their commercial or financial relations which differ from those which would be made between independent enterprises, then any profits which would, but for those conditions, have accrued to one of the enterprises, but, by reason of those conditions, have not so accrued, may be included in the profits of that enterprise and taxed accordingly.”

[5] Quantomeno a livello OCSE, dato che negli Stati Uniti i Regolamenti applicativi della Sec. 482 furono pubblicati già nel 1968.

[6] Lorraine Eden, “The Arm’s Length Standard in North America”, Tax Notes International, 2000, pagina 678.

[7] OECD – Transfer Pricing and Multinational Enterprises, 1979, pagina 9.

[8] Il paragrafo 1.3 del Commentario all’articolo 9 afferma che esso “esprime princìpi internazionalmente accettati e fornisce linee guida appropriate all’applicazione del principio di libera concorrenza insito nell’articolo [nove].” (traduzione dell’autore).

[9] È scritto che “The report can be seen in fact as an attempt to set out the considerations to be taken into account, and the means available, for determining an arm’s length price[…].” OECD – Transfer Pricing and Multinational Enterprises, 1979, paragrafo 5.

[10] Id. paragrafi 11-12.

[11] Id. paragrafo 13.

[12] United Nation’s Ad Hoc Group of Experts on International Cooperation in Tax Matters – “Transfer Pricing: History, State of Art and Perspective”, 2001. Pagina 8.

[13] Id. paragrafo 11.

[14] Id. paragrafo 46.

[15] Approvato dal CFA il 27 giugno 1995 e dal Consiglio dell’OCSE il 13 luglio 1995.

[16] Il capitolo 3 delle TPGL(1995).

[17] OECD – TPGL (1995), paragrafo 3.1 (traduzione dell’autore).

[18] Id. paragrafo 3.50

[19] Id. paragrafo 3.49.

[20] Id. paragrafo 2.7.

[21] Id. paragrafo 1.68.

[22] Che verrà riproposto con la medesima formulazione, ancorché integrato, nei paragrafi 2.2 e 2.9 delle Linee Guida del 2010.

[23] Licenziate dall’IRS il 13 gennaio 1993.

[24] Licenziate dall’IRS il 1 luglio 1994.

[25] US Treas. Reg. sec. 1.482-1(c)(1).

[26] OECD – TPGL (1995), paragrafo 2.49.

[27] J. Ahmadov, “The Most Appropriate Method as the New OECD Transfer Pricing standard: has the hierarchy of Methods Been Completely Eliminated?”, International Transfer Pricing Journal (2011), pagina 190.

[28] Consiglio dell’OCSE, Recommendation of the Council on the Determination of Transfer Pricing between Associated Enterprises, C(95)126/FINAL e ss.m. consultabile all’indirizzo http://acts.oecd.org/Instruments/ShowInstrumentView.aspx?InstrumentID=87&InstrumentPID=310

[29] OCSE, “Comparability: Public Invitation to Comment on a Series of Draft Issues”, 10 maggio 2006, pagina 2, consultabile all’indirizzo http://www.oecd.org/ctp/transfer-pricing/36651642.pdf

[30] Un’ulteriore importante aggiunta è stato il Capitolo IX sulle riorganizzazioni aziendali, che ha approfondito elementi primari quali il concetto di controllo del rischio, concetto di centrale importanza nel progetto BEPS.

[31] G. Cottani, “Transfer Pricing”, Topical Analyses IBFD, paragrafo 12.1, consultabile all’indirizzo http://online.ibfd.org/document/tp_intro

[32] TPGL2010, paragrafo 1.13

[33] Id., paragrafo 2.3.

[34] TPGL2010, paragrafo 2.2

[35] Segretariato dell’OCSE, “Transfer Pricing Methods”, luglio 2010, consultabile su http://www.oecd.org/ctp/transfer-pricing/45765701.pdf

[36] Segretariato dell’OCSE, “Transfer Pricing Methods”, paragrafo 46.

[37] Il cui concetto viene spiegato più avanti nello scritto.

[38] TPGL2010, paragrafo 1.33.

[39]TPGL2010, paragrafo 1.36

[40] G. Cottani, “Transfer Pricing”, Topical Analyses IBFD, paragrafo 12.2.2

[41] OCSE, “Proposed revision of Chapters I-III of the Transfer Pricing Guidelines; 9 september 2009 – 9 january 2010”, settembre 2009, pagina 26, enfasi non presente nella versione originalevg.

[42] OECD, Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting, 2013 consultabile al seguente indirizzo: http://dx.doi.org/10.1787/9789264202719-en

[43] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, 2015, consultabile al seguente indirizzo: http://dx.doi.org/10.1787/9789264241244-en

[44] TPGL2010, paragrafo 1.34, concetto ripreso ed arricchito nel nuovo paragrafo 1.38 delle TPGL post-BEPS.

[45] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, paragrafo 1.39.

[46] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, paragrafo 1.123

[47] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, paragrafo 1.122

[48] TPGL2010, paragrafo 3.24

[49] United Nations Practical Manual on Transfer Pricing, paragrafo 6.2.2.4.

[50] TPGL2010, paragrafo 3.18.

[51] Esempio tratto da OCSE, “Transfer Pricing Methods”, pagina 5.

[52] Oggetto di analisi del metodo del Cost Plus.

[53] Prezzo di vendita a una impresa associata.

[54] TPGL2010, paragrafo 2.41.

[55] Che si ottiene rielaborando la formula del Cost Plus TP = COGS x (1 + Markup) ponendo il margine ad incognita

[56] United Nations Practical Manual on Transfer Pricing, paragrafo 6.2.17.2.

[57] TPGL2010, paragrafo 2.46.

[58] TPGL2010, paragrafo 2.21.

[59] Segretariato dell’OCSE, “Transfer Pricing Methods”, paragrafo 10.

[60] TPGL2010, paragrafo 2.21.

[61] TPGL2010, paragrafo 2.22.

[62] Esempio tratto da OCSE, “Transfer Pricing Methods”, pagina 4.

[63] Oggetto di analisi del resale price method.

[64] Prezzo di trasferimento applicato nell’acquisto dalla impresa associata

[65] TPGL2010, paragrafo 2.23

[66] TPGL2010, paragrafo 2.26.

[67] TPGL2010, paragrafo 2.29.

[68] Normalmente il reddito operativo, meglio se della gestione caratteristica.

[69] TPGL2010, paragrafo 3,18.

[70] World Custom Organization, “WCO Guide to Custom Valuation and Transfer Pricing”, pagina 36

[71] Segretariato dell’OCSE, “Transfer Pricing Methods”, paragrafo 18.

[72] United Nations Practical Manual on Transfer Pricing, tabella 6.5, paragrafo 6.3.7.1

[73] TPGL2010, paragrafo 2.88

[74] Segretariato dell’OCSE, “Transfer Pricing Methods”, paragrafo 15.

[75] United Nations Practical Manual on Transfer Pricing, paragrafo 6.3.9.1

[76] TPGL2010, paragrafo 2.62.

[77] TPGL2010, paragrafo 2.84

[78] TPGL2010, paragrafo 2.114

[79] Vikram Chand, Sagar Wagh, “The Profit Split Method: Status Quo and Outlook in Light of the BEPS Action Plan”, International Transfer Pricing Journal, 2014, pagina 405.

[80] TPGL2010, paragrafo 2.116

[81] TPGL2010, paragrafo 2.109

[82] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, punto 8 a pagina 58.

[83] TPGL2010, paragrafo 2.119

[84] La remunerazione di un fattore produttivo che eccede il suo costo-opportunità.

[85] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, punto 9, pagina 58.

[86] TPGL2010, paragrafo 2.134

[87] TPGL2010, paragrafo 2.121

[88] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, pagina 61.

[89] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, punto 12, pagina 59

[90] OECD, Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, punto 13, pagina 59

[91] Yariv Brauner, “BEPS: An Interim Evaluation”, World Tax Journal, 2014, pagine 33-34.

[92] Sébastien Gonnet, Pim Fris, “Contribution analyses under the profit split method” 2007, pagina 9.

[93] Riflesso di questa evoluzione si può notare nel graduale abbandono della gerarchia dei metodi.